Aprire uno stabilimento negli Emirati Arabi

Emirati Arabi, cosa tenere d'occhio.

31 ott 2017

Nico de Corato

Articolo pubblicato su L'Industria Meccanica n. 711

Costituire una società, oltre a essere un passaggio necessario per iniziare un qualsiasi tipo di attività negli Emirati Arabi, è relativamente lineare quando si parla di servizi (anche complessi), consulenza o trading. Quindi aprire un ramo d'azienda che si occupi dello sviluppo commerciale, piuttosto che avviare una newco specializzata nella "progettazione tecnica" (salvo poi subappaltare alla casa madre la realizzazione), oppure ancora aprire una trading company che si occupi di fare import/export di prodotti, si può spesso ricondurre alla costituzione di una Free Zone Company, spesso senza neanche l'obbligo di avere un ufficio fisico.
Se invece il progetto di espansione include l'apertura di uno stabilimento, piccolo o grande che sia, le cose cambiano.

Innanzi tutto ci si ritrova davanti a due scelte strategiche da fare a monte: in quale emirato aprire? e poi, aprire in Free Zone o aprire fuori dalle Free Zone? Ad esempio tutte le aziende direttamente coinvolte nell'Oil&Gas (parliamo dei main contractor) devono essere costituite ad Abu Dhabi e in molti casi si prevede che il 100% della quote sia intestato a un cittadino emiratino o a più cittadini emiratini. Mentre ad esempio aziende pur coinvolte nel settore dell'Oil&Gas, ma sub-contractor di altre realtà già accreditate potrebbero comunque aprire in altri emirati o in Free Zone. Ma senza andare troppo nello specifico delle differenze tra emirato ed emirato, analizziamo le principali differenze tra l'avviare una realtà industriale in Free Zone e fuori.

La licenza industriale va richiesta da tutte le società che hanno come obiettivo la trasformazione (manuale o automatizzata) di materie prime o semilavorati in prodotti finali. Può essere richiesta presso il Department of Economic Development (Ded); potrebbero essere necessario richiedere autorizzazioni addizionali alla Municipality dell'emirato in cui si effettua la richiesta (dalla Dubai Municipality ad esempio) o da altre istituzioni, a seconda dell'attività. Ad esempio le aziende del settore finanziario richiedono un approvazione dalla Banca Centrale (Central Bank of the Uae), le società coinvolte nella lavorazione dei metalli preziosi devono essere registrate presso la Emirates Golf Refinery, le aziende del settore medico e farmaceutico richiedono approvazione dal Ministero della Salute (Ministry of Health), e così via.

In ogni caso per aprire una licenza con il Ded (questo vale non solo per le licenze industriali) è necessario individuare uno sponsor locale, cioè un socio emiratino che sulla carta avrà il 51% delle azioni. Comprensibilmente la suddivisione delle quote 49/51 a favore di un ipotetico socio locale, fa scattare campanelli d'allarme e suscita notevole diffidenza in questa soluzione. Ma cedere il 51% delle quote non vuol dire cedere pari quota dei profitti; l'accordo economico viene fatto a latere, e l'imprenditore può definire con lo sponsor il riconoscemento di un fisso annuale, di una percentuale sui profitti o un mix dei due.

Avere un partner locale, vuol dire però anche avere un socio coinvolgibile nelle attività di routine (amministrative, burocratiche, commerciali) e straordinarie (ad esempio il business development iniziale, la definizione della strategia commerciale da implementare nella prima fase di attività).

Se tuttavia si preferisce iniziare con una soluzione senza socio locale, si può optare per una Free Zone Industriale. Varie sono le Free Zone dove è possibile ottenere una licenza industriale: Ajman, Dubai Industrial Free Zone, Dubai Investment Park, Khalifa Industrial Zone Abu Dhabi, e altre ancora. Ognuna con costi e procedure diverse l'una dall'altra.

Il principale svantaggio di avere uno stabilimento in una Free Zone risiede nel non poter commerciare direttamente con gli Emirati Arabi; per poter eventualmente vendere i prodotti realizzati in Free Zone all'interno degli Emirati, bisogna affidarsi ad un agente locale emiratino (con società registrata quindi col DED) che ci rappresenti sul territorio. All'esterno del Paese, invece, è possibile distribuire i propri prodotti liberamente (purché in linea con le normative locali vigenti).

Introduzione dell'Iva
Fino ad oggi famosi per essere uno stato tax-free, gli Emirati Arabi proseguono il percorso che li ha portati fuori dalla black list e dal 1° gennaio 2018 introducono l'Iva: un enorme cambiamento nel panorama economico e finanziario. La decisione di introdurla negli Emirati Arabi (ma nel giro di alcuni anni anche altri Paesi del Golfo potrebbero adottarla) è mossa dalla volontà di diversificare l'economia regionale ed emanciparsi dai proventi del petrolio.

Non tutte le imprese avranno bisogno di registrarsi ai fini dell'iva, e il governo potrebbe anche prendere in considerazione di mantenere esenti le Free Zone. Il ministero delle Finanze, infatti, ha confermato che le imprese con un fatturato annuo compreso tra 187.500 e 375.000 Aed possono scegliere se registrarsi o meno, mentre quelle con meno di 187.500 Aed resteranno per ora esenti; tuttavia, i dettagli sono ancora in via di definizione. Le aziende che dovranno iscriversi al registro Iva, potranno farlo a partire dal terzo trimestre 2017 e non oltre il 31 dicembre 2017; saranno resi noti in tempo tutti i requisiti. Quindi è una situazione in continua evoluzione e merita continui aggiornamenti.

Il cambiamento ha implicazioni di vasta portata, sia per le imprese nella regione che per le società di servizi e professionisti in contabilità e gestione delle finanze. Allora, che cosa significherà l'Iva per le imprese negli Emirati Arabi? Si tratta di un argomento complesso e piccoli dettagli sono ancora in fase di elaborazione ma il quadro è abbastanza chiaro.

L'imposta sarà fissata al 5% ma saranno esenti prodotti alimentari di base, istruzione e assistenza sanitaria. Come anticipato prima, anche se le grandi aziende, le Pmi e le piccole aziende familiari hanno tutte passività potenziali, solo le società con ricavi per un importo specifico importante annuo dovranno registrarsi per legge.
Le imposte sui redditi delle persone fisiche restano assenti nemmeno a titolo di ritenuta alla fonte.

Costo del lavoro
Se è vero che il costo della manodopera è relativamente basso, non va sottovalutato che il datore di lavoro deve fornire:
- il visto residente (che oltre ad avere un costo può avere un deposito cauzionale, a seconda dell'emirato e della free zone)
- l'assicurazione medica
- l'alloggio (nel caso di cantieri questo si traduce in container adibiti ad unità abitative)
- il trasporto da/verso il luogo di lavoro

Gran parte della manodopera è di origine asiatica (indiani, pakistani, bengalesi, filippini); mentre il middle management è in genere asiatico o arabo ma con un buon livello di inglese (per poter interagire sia con la manodopera sia con il top management, in genere arabo o occidentale), con stipendi sensibilmente più alti e magari alcuni benefit. Quando invece si cercano manager occidentali da inviare negli Emirati il trattamento economico cambia; spesso a chi si sposta viene offerto un pacchetto benefit di tutto riguardo: auto, casa (la spesa più onerosa), telefono aziendale, assicurazione medica estesa anche alla famiglia, scuola pagata per i figli (anche questa spesa importante). O in alternativa uno stipendio tale da mantenere tutto questo, sebbene gli stipendi oggi si stiano livellando e oggi – a meno che non si parli di top manager – pacchetti full benefits sono comunque meno comuni.

D'altro canto non ci sono contributi da pagare; è come se al dipendente venisse dato direttamente il lordo o giù di li. Solo le imprese che impiegano cittadini con passaporto emiratino sono obbligate a versare agli stessi una quota del salario, corrisposto in appositi fondi pensione. Questa quota ha diverse percentuali e sono basate sui salari ricevuti: per i datori di lavoro pubblici è del 15%, per i datori di lavoro privati è del 12,5%, per i dipendenti è del 5%.

Per quanto riguarda i valori economici degli stipendi, tutto è fonte di trattativa tra datore di lavoro e dipendente, non ci sono contratti collettivi. Abbiamo però riportato nei riquadri dei valor di riferimento.

Costo immobiliare
Il costo del capannone, così come quello degli uffici e degli appartamenti dei manager, è uno dei costi maggiori: il real estate (commerciale, residenziale o industriale che sia) a Dubai costa. Se ci si sposta, si risparmia, ma neanche poi tanto. E anche qui non ci sono medie di mercato: possiamo trovare due capannoni identici, nella stessa zona, l'uno al doppio dell'altro. Tutto è fonte di trattativa tra compratore e venditore ovvero tra proprietario e affittuario; quindi l'unica indicazione sempre valida è che prima di confermare un'opzione, dedicate tempo a vedere quante più soluzioni possibili. Come informazione generale si può dire che in genere l'acquisto (per chi ha disponibilità) in genere conviene rispetto alla locazione (anche perché i contratti sono tendenzialmente su base annua); inoltre non in tutte le zone degli Emirati Arabi è possibile acquistare.

Sdoganamento e documenti di importazione
Ispezioni efficienti e pratiche doganali puntuali e celeri fanno degli Emirati Arabi un hub ideale. La tassa di importazione è pari mediamente al 5% su tutte le merci e possono essere addirittura esclusi per determinate categorie di prodotti (per esempio, in caso di importazione di materiali da utilizzare per la produzione di beni da riesportare). Alcuni prodotti sono soggetti a dazi diversi, come il tabacco (100%) e vini ed alcolici (50%). Ai fini dello sdoganamento sono necessari i seguenti documenti: documento di trasporto (Cargo Bill); buono di consegna (Delivery Order); distinta dei colli (Packing List); certificato di origine dei prodotti (Certificate of Origin); lettera di autorizzazione (Authorization Letter); Customs Card.

In definitiva prima di avviare un progetto di espansione industriale è sempre bene condurre uno studio di fattibilità e il relativo business plan. O meglio ancora prendere un primo contatto meno impegnativo con un ufficio commerciale, salvo poi delocalizzare o ampliare la produzione in loco.

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