Etichettatura energetica, il Parlamento europeo dice sì alle richieste dell'industria del riscaldamento

Oggi il voto a favore di una proposta che accoglie le specificità dei singoli gruppi di prodotti, e che garantisce al label di rimanere un potente strumento per promuovere l'efficienza energetica negli edifici.

14 giu 2016

Carlo Fumagalli

Riclassificare l'intero schema di etichettatura energetica, che ad oggi abbraccia decine di settori. La commissione aveva iniziato a lavorare a questo progetto un anno fa, ma la riforma, così come pubblicata nella prima bozza, rischiava di essere un boomerang per il mondo del comfort ambientale. Oggi il Parlamento europeo ha votato a favore di una proposta che accoglie le specificità dei singoli gruppi di prodotti. E che garantisce al label di rimanere un potente strumento per promuovere l'efficienza energetica negli edifici.

Un passo importante, quello di oggi, che è stato reso possibile dal lavoro di ANIMA/Assotermica iniziato lo scorso anno. E che, di concerto con l'associazione europea EHI, ha coinvolto eurodeputati e aziende italiane.

Ma ricostruiamo la vicenda per gradi.

A luglio 2015 la Commissione europea inizia a lavorare a revisione della direttiva sull'etichettatura energetica. La proposta di regolamento pubblicata da Bruxelles il 15 luglio ha l'obiettivo di rivedere tutte le etichette esistenti e, nell'arco di 5 anni, di scalarle verso il basso.

L'idea nasce per evitare il sovraffollamento di prodotti in una stessa classe energetica. In altre parole: oggi in molte categorie soggette all'etichettatura (elettrodomestici e catena del bianco per primi) la stragrande maggioranza dei prodotti è ormai compresa fra la classe A e A+++. Insomma, grazie a un'innovazione tecnologica sempre maggiore, le classi più basse non sono – fortunatamente – più rappresentate sul mercato, a fronte di un dilatarsi delle categorie più alte. La nuova scala proposta dalla Commissione mira dunque a riequilibrare i rapporti fra la più bassa classe G e la più alta classe A.

Ma non tutti i mercati sono uguali. E una riformulazione a tappeto dell'etichettatura avrebbe penalizzato i produttori di apparecchi, componenti, dispositivi e sistemi per impianti termici, e impianti idrico-sanitari. Un settore che in Italia fattura oltre 2 miliardi di euro e dà lavoro a 11.500 addetti.

Perché? Innanzitutto per differenziare i prodotti anche quando diverse tecnologie vengono confrontate fra loro come nel caso di caldaie e pompe di calore a gas o elettriche, sistemi ibridi, solare, cogenerazione, è necessario un numero di classi sufficientemente ampio. Non è un caso che il problema si sovraffollamento delle classi elevate, in questo settore così particolare, non è presente.

Inoltre il progetto di etichettatura energetica per le apparecchiature per il riscaldamento dell'ambiente e la produzione di acqua calda è giovanissima. Partita a settembre 2015, rappresenta una rivoluzione nel settore, su cui le aziende hanno investito per applicarla e comunicarla.

Ma non solo. Una ri-scalatura del label avrebbe l'effetto di scoraggiare gli utenti a sostituire un apparecchio guasto con uno più performante, in quanto l'impatto – a livello di efficientamento energetico – risulterebbe sulla carta nullo.

L'industria si è mossa. Da quell'estate del 2015 i rappresentanti di Assotermica/Anima hanno lavorato, di concerto con l'associazione europea di riferimento Ehi, per una soluzione più equilibrata. «Inizialmente abbiamo portato la questione all'attenzione dell'allora ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi», spiega Federico Musazzi, responsabile associativo di Assotermica. «E in questa prima fase abbiamo ottenuto una revisione della bozza dal Consiglio d'Europa, che ha introdotto il concetto di overpopulating». Vale a dire: la nuova scala delle classi energetiche deve tener conto di un giustificato motivo per essere attuata, settore per settore.

Il lavoro è proseguito. Per arrivare alla votazione di oggi in Parlamento europeo, l'associazione si è interfacciata, nei mesi successivi, con gran parte dei componenti italiani della commissione industria ed energia del Parlamento e della commissione ambiente. Mesi di lavoro fra Milano, Roma e Bruxelles che hanno convolto in prima persona anche i Ceo di aziende italiane interessate, fra cui Paolo Merloni, Ettore Riello, Paola Ferroli.

Con il voto di oggi «la Commissione Energia e Industria del Parlamento Europeo ribadisce la vocazione prima dell'etichetta come promotrice di efficienza energetica» ha commentato Federica Sabbati, segretario generale dell'Ehi. «Sul tema del riscalaggio, i Parlamentari Europei affermano la necessità di un approccio più mirato ai diversi gruppi di prodotti, riconoscendo la specificità degli apparecchi per il riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria. Sanciscono perciò che l'etichetta appena entrata in vigore non venga rivista prima di sei anni e solo dopo uno studio di settore che ne verifichi l'opportunità».

«Si tratta di un riconoscimento della specificità degli apparecchi rappresentati da Assotermica» ha detto il presidente di Assotermica Alberto Montanini. «Se fosse stata approvata, la prima bozza avrebbe cancellato in un sol colpo tutti gli sforzi fatti per raggiungere un equilibrio tra informazione al consumatore, sviluppo dell'innovazione e protezione degli investimenti. Ora possiamo sfruttare questi anni di stabilità per far capire meglio anche quali sono gli obiettivi dell'etichetta tenendo conto che per noi l'etichetta c'è da solo otto mesi ma è il settore che pesa per il 40% sui consumi europei».

(Approfondimenti su L'Industria Meccanica n.704 - luglio agosto 2016)

 

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