Evento back to Iran

Promosso da Ucc/Anima l'evento «Back to Iran» il 15 giugno a Milano.

23 giu 2016

Ritornare in Iran dopo la fine dell'embargo è una grossa opportunità per le imprese italiane. Ma presenta anche dei rischi. Come muoversi? L'evento "Back to Iran", promosso da Ucc/Anima il 15 giugno scorso a Milano.

Un ritorno all'export della caldareria in queste zone è infatti materia di largo interesse per le aziende italiane. E non solo.

Si vuole infatti rendere l'Iran l'hub logistico della finestra orientale. Si sta sviluppando un corridoio nord-sud, oltre il tradizionale est-ovest, dalla Russia che consente di poter puntare su questo territorio per incrementare il trasporto su via ferroviaria e stradale sulle quali il Governo intende investire risorse importanti. L'industria meccanica italiana risponde alle esigenze di tecnologie per acqua, gas, sistemi di riscaldamento e condizionamento, oil and gas e food.

Marinella Loddo, Direttore dell'Ice per gli uffici di Milano, ha ribadito la disponibilità piena a coadiuvare gli imprenditori con le complicazioni burocratiche che caratterizzano la comprensione di un paese estero.

Il Vicepresidente di Anima, Carlo Banfi, con delega all'internazionalizzazione, ha replicando affermando l'importanza che l'Iran riveste nei confronti della meccanica italiana. «Abbiamo la possibilità di recuperare i 600 milioni della meccanica italiana di Anima che rappresentavano l'export verso l'Iran prima dell'embargo. Oggi le esportazioni sono sotto i 300 milioni di euro, per cui ci sono i margini di recupero».

Da Roma, appena tornato dall'Iran, Manucher Babayan, il referente dell'ufficio Anima a Teheran, riporta una situazione di estrema attenzione e ricerca verso le tecnologie italiane. Gli industriali iraniani in questi anni, soprattutto per food tecnologies e gas, hanno acquistato prodotti cinesi che non danno garanzia di continuità né servizi di supporto e manutenzione. L'allentarsi delle sanzioni ha permesso agli imprenditori locali di tirare un sospiro di sollievo e guardare con maggiore intensità all'industria italiana.

Gianmarco Boccia di Sace conferma che l'Italia esportava, pre-embargo, circa due miliardi di euro. Oggi la cifra si è dimezzata. Come Sace sono già stati messi a disposizione quattro miliardi di euro, finanziamenti per favorire la rinascita dei rapporti con l'Iran, e ne sono previsti anche di più cospicui.

Un settore con un andamento economico-finanziario solido, nonostante le congiunture economiche sfavorevoli è la caldareria. Il quadro che il libro bianco di Ucc traccia della caldareria italiana è positivo.

L'occupazione non è in calo, grazie al trend positivo della produzione che nel 2016 registra un +1,5%, raggiungendo i 3 miliardi circa. L'export è a quota 52%, confermandosi la chiave di volta della crescita del settore, che occupa 25mila addetti.

Più del 45% del valore esportato è stato destinato ai paesi dell'Unione europea, in particolare Germania, Francia e Regno Unito. Molto interessante la quota destinata ai paesi asiatici (26,2%), in particolare verso Arabia Saudita, Vietnam, Corea del Sud e Cina. Degno di nota anche il valore esportato verso i paesi del Nord America (8,9%), soprattutto verso gli Stati Uniti, dove nel 2015 le esportazioni sono aumentate dal valore di 97,6 milioni di euro nel 2014 a quasi 119 milioni di euro (+21,6%). Le aziende della caldareria spiccano per una forte vocazione internazionale, una decisa specializzazione ed una marcata differenziazione da cui conseguono notevoli vantaggi competitivi.

Il settore della caldareria è costituito da tutti i costruttori e le società italiane che operano nel vasto settore delle attrezzature in pressione. Le imprese considerate offrono i propri prodotti ad una pluralità di imprese che occupano i settori più diversi: oil and gas; chimica; energia e ambiente; food and beverage; petrolchimico; chimico; siderurgico; farmaceutico. Le applicazioni sono le più varie, dal caseificio familiare al gestore di centrali nucleari.

Energia, Industria, UCC