Il dragone verde

Interviste a Paolo Arrighetti di Ansaldo Energia, Sara Vincenzi di Baltur, e Filippo Pancolini di

Cib Unigas

06 mar 2018

Laura Aldorisio

Articolo pubblicato su L'Industria Meccanica n. 713

Meno carbone, più rinnovabili. La Cina dice stop alla costruzione di un centinaio di centrali a carbone mentre dà il via all'installazione di impianti a energia rinnovabile. Lo scorso dicembre il governo ha pubblicato una tabella di marcia serrata per il sistema nazionale di scambio di emissioni di carbonio (Ets). E dal primo gennaio è stata introdotta la nuova tassa sull'ambiente per aziende e privati. L'obiettivo è mobilitare gli investimenti e le tecnologie per ridurre le emissioni di carbonio. L'impegno verde della Cina per le aziende italiane significa export, innovazione, crescita.

Risponde Paolo Arrighetti, responsabile di Ansaldo Energia per la cooperazione strategica con Shanghai Electric

La partnership strategica con Shanghai Electric ha rappresentato in questi anni per Ansaldo Energia un'opportunità unica per la vendita dei prodotti "made in Italy" in uno dei mercati più significativi e promettenti a livello mondiale nel settore della "Power Generation". La sola Cina corrisponde a quasi il 20% del mercato globale per la produzione di energia elettrica attraverso l'utilizzo della tecnologia delle turbine a gas. La partnership con Shanghai Electric ha apportato un contributo positivo al business di Ansaldo Energia. Basti pensare che dall'ingresso di Shanghai Electric nel capitale di Ansaldo Energia con una quota del 40%, avvenuto nel 2014, Ansaldo Energia ha registrato un valore complessivo degli ordini verso la Cina per oltre 300 milioni di euro.

Il mercato cinese, da sempre visto come il primo attore dell'inquinamento, sta mettendo al centro della sua politica anche l'attenzione all'ambiente. Ansaldo conferma questo trend? Questo cosa significa a livello di ordini e commesse?

La Cina è paragonabile a un gigante in continuo e veloce cambiamento. Senza dubbio la sua rapida crescita economica registrata negli ultimi 40 anni senza battute d'arresto, ha comportato un prezzo importante da pagare in termini di inquinamento ambientale. Questo aspetto negli ultimi anni è stato preso in seria considerazione dal governo cinese, che ha adottato misure molto restrittive sulle fonti e tecnologie più inquinanti finora utilizzate per fronteggiare la domanda elettrica del Paese. Molti impianti a carbone o olio combustibile sono stati chiusi e altri nuovi non sono stati autorizzati proprio per evitare di compromettere ulteriormente la qualità dell'aria in città ed aree densamente popolate. Sono state inoltre promosse politiche mirate all'utilizzo di fonti rinnovabili ed investimenti in impianti di produzione da fonte fossile a maggiore efficienza. Seppure la Cina stia traslando gradatamente verso una economia maggiormente orientata ai servizi, la domanda di energia resterà elevata. Il Paese ancora fortemente legato alla sua industria pesante e manifatturiera, che rappresenta ancora il 50% dei consumi elettrici totali. In questo contesto la produzione di energia attraverso impianti che utilizzano la tecnologia avanzata delle turbine a gas di Ansaldo Energia rispondono ai principali requisiti del mercato prospettico cinese, ovvero: un basso impatto a livello di inquinamento ambientale ed una elevata affidabilità e efficienza degli impianti a ciclo combinato. Tali impianti consentono infatti di recuperare il calore dei gas esausti della turbina a gas, per produrre ulteriore vapore in grado sia di generare altra produzione elettrica, ma soprattutto di fare fronte, nel caso della Cina, alla grande richiesta di vapore o calore richiesto nei processi produttivi dell'industria del paese o per teleriscaldamento dei distretti urbani. Tale prospettiva posiziona Ansaldo Energia come uno degli attori principali di questo mercato, in particolare attraverso la vendita di turbine di ultimissime generazione, le cosiddette turbine a gas di "classe H", caratterizzate da rendimenti, potenze e flessibilità operative molto elevate e impatti ambientali contenuti per rispondere alle esigenze del futuro in cui la Cina gioca un ruolo fondamentale.

One Belt & One Road è la nuova Via della Seta: che vantaggio potrebbe essere per il commercio internazionale? Come Ansaldo coopera a questo progetto?

Nelle politica di espansione e apertura verso il mercato globale, il governo cinese negli ultimi anni sta implementando una politica di collaborazione sia verso i paesi limitrofi sia verso l'Europa, quasi ripercorrendo a ritroso l'antica via della seta per creare nuove opportunità di scambio commerciale e soprattutto collocare le abbondanti disponibilità finanziarie generate dal loro mercato interno. Le opportunità create sul mercato della Power Generation si sostanziano per Ansaldo Energia in possibilità di forniture di propri prodotti in iniziative sviluppate da investitori o gruppi cinesi per la creazione di nuovi impianti di produzione elettrica in altri paesi. Spesso tali investimenti sono preceduti da accordi intergovernativi ed agevolati dal sistema bancario cinese.

Che cosa prevedono gli accordi di cooperazione con la Cina?

Gli accordi tra Ansaldo Energia e Shanghai Electric non si limitano ad accordi di natura commerciale, bensì ad una più profonda alleanza strategica a livello societario e industriale. Ansaldo Energia (partecipata al 60% da CDP Equity, gruppo Cassa Depositi e Prestiti, e al 40% da Shanghai Electric), ha costituito due Joint Ventures a Shanghai in Cina partecipate da Ansaldo Energia. Tramite accordi di licenza sono trasferite conoscenze che creano le basi per un ampio spettro di collaborazione tecnica e commerciale. La localizzazione di parte della produzione e soprattutto la creazione di competenze locali qualificate per i clienti cinesi è un elemento chiave per potere essere ritenuti nel lungo periodo affidabili e competitivi.

Risponde Sara Vincenzi, Burners Division Sales Director Baltur.

La Cina è un mercato che cresce a doppia cifra per l'azienda ferrarese Baltur che produce caldaie e bruciatori industriali.

Il mercato cinese, da sempre visto come il primo attore dell'inquinamento, sta mettendo al centro della sua politica anche l'attenzione all'ambiente. Baltur conferma questo trend? Questo cosa significa a livello di ordini e commesse?

Sì, Baltur conferma questa inversione di rotta. Il problema dell'inquinamento è diventato uno dei punti cruciali nell'agenda del governo di Pechino e rappresenta oggi un elemento essenziale di consenso politico. Il governo è intervenuto su più fronti, in particolare su quello normativo con restrizioni molte severe sul fronte delle emissioni, in molti casi ponendo limiti che sono ancor più restrittivi di quelli vigenti oggi in Europa. A livello di ordini e commesse significa un incremento della domanda di tecnologia pulita e richiesta di prodotti sempre più performanti ed efficienti a livello di consumi energetici. Questo rappresenta per le aziende anche una sfida importante a un continuo rinnovamento della propria gamma prodotti.

Quali sono le difficoltà del mercato cinese? E quali i vantaggi?

Il mercato cinese è un mercato estremamente complesso e competitivo, con dinamiche per molti aspetti ormai simili a quelle di un mercato maturo in un contesto dove le norme sono soggette a cambiamenti drastici e repentini che impongono a chi opera su quel mercato una straordinaria flessibilità e capacità di adattamento. Dieci anni fa ci si poteva permettere di sbarcare in Cina con un po' di improvvisazione e creatività. Oggi chi non è sufficientemente strutturato fa fatica a trovare spazi in un mercato sempre più esigente e attento.

È ormai un dato di fatto la consapevolezza dei cinesi del peso del loro paese nello scacchiere internazionale a livello politico, economico e sociale. Questo significa un "made in China" sempre più presente come protagonista qualitativo e non come seconda scelta. I vantaggi per chi li sa cogliere sono quelli di poter ottimizzare la propria capacità di innovazione attraverso economie di scala.

Si possono ancora considerare solo fornitori o sono divenuti partner?

No, ormai non sono più solo fornitori né solo clienti. È necessario mettere in atto pratiche condivise di crescita, proprio perché su un mercato così vasto e complesso è necessario avere una visione a medio-lungo periodo.

Non è sempre facile perché esiste innegabilmente una distanza prima di tutto culturale nel modo di fare business e di gestione di impresa. Ma quando funziona è sicuramente appagante.

Risponde Filippo Pancolini, Direttore generale Cib Unigas.

Exploit dell'export verso la Cina negli ultimi cinque anni per l'azienda padovana Cib Unigas, che produce bruciatori.

In particolare, lo scorso anno e quest'anno. Da due milioni di euro di scambi commerciali con la Cina, nel 2017 l'azienda ha raggiunto i 12 milioni. Le previsioni per il 2018 sono ancora più positive: si punta ai 15

milioni.

Il mercato cinese, da sempre visto come il primo attore dell'inquinamento, sta mettendo al centro della sua politica anche l'attenzione all'ambiente. Cib Unigas conferma questo trend? Questo cosa significa a livello di ordini e commesse?

Siamo partiti con una società controllata al 100% a Guangdong e stiamo pensando di spostarci a Shangai. Attualmente l'attenzione è rivolta a Pechino, che fa da traino in merito alle emissioni per le nuove centrali termiche a gas. Abbiamo registrato una forte crescita degli ordinativi dovuta alla normativa applicata dall'aprile dello scorso anno relativo alle emissioni il cui limite è inferiore anche rispetto agli standard europei. Il Paese sta traghettando le sue abitudini dal carbone al gas. La normativa, che potrebbe essere una barriera all'entrata, è un'opportunità incredibile. Con il nostro dipartimento di ricerca e sviluppo siamo riusciti a inserirci in tempo con grandissima flessibilità. A marzo avevamo la prima bozza della tecnologia che avremmo potuto esportare perché rispettava gli obiettivi cinesi. A luglio abbiamo consegnato i primi prodotti. I nuovi limiti imposti dal colosso asiatico aprono una nuova prospettiva. Anche il vecchio continente si adatterà presto. E noi saremo pronti.

Quali sono le difficoltà del mercato cinese? E quali i vantaggi?

Prima nel 2013 avevamo un distributore esclusivo con cui abbiamo chiuso il rapporto. Avevamo la necessità di controllare in prima persona il mercato. Non produciamo in Cina, ma sempre e solo in Italia. L'80% dei bruciatori che vendiamo sono di grosse potenze e di grandi dimensioni. La difficoltà di trovare distretti cinesi in grado di fornirci tutti i materiali di qualità è molto alta.

Rimane molto faticoso tenere il ritmo delle spedizioni. Per arrivare a Guangzhou, che è sul mare, preventiviamo giorni di trasporto via nave. Abbiamo un magazzino di una certa rilevanza per i bruciatori industriali. Un giorno potremo considerare di aprire un'attività anche lì in loco, non lo escludiamo, visto l'incremento forte. Il portafoglio ordini che abbiamo per i prossimi due anni e mezzo è pari al fatturato dell'anno scorso.

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