Storie di export: andare all'estero con gli strumenti giusti

La tavola rotonda del 25 novembre

01 dic 2016

g.p.

«Internazionalizzare richiede gli strumenti adatti. Non si può fare business all'estero senza un adeguato supporto da parte di enti e istituzioni». L'opinione di Sandro De Poli di Ge Italy, multinazionale attiva nel campo della tecnologia e dei servizi, è condivisa da tutti i partecipanti alla tavola rotonda all'interno dell'evento "Quale export per il 2017", organizzata da Anima il 25 novembre a Milano. «È di fondamentale importanza il supporto di strutture come Sace, ad esempio, che ci sta aiutando molto soprattutto nel business dell' Oil &Gas» spiega De Poli.

Per Vincenzo Grassi di Pwc, multinazionale esperta in servizi di consulenza legale e fiscale: «molte aziende non sanno a quali paesi rivolgersi, mancano una strategia e le risorse umane adatte. Bisogna aiutare le piccole e medie imprese a focalizzare gli sforzi. La qualità dei prodotti italiani è conclamata: è il servizio a fare la differenza».

Fondamentale per esportare, è anche, ovviamente, una conoscenza profonda del paese in questione: «Facciamo il 40% del nostro export in Russia, dove abbiamo creato una nostra controllata» dice Filippo Pancolini di Cib Unigas, specializzata nella produzione di bruciatori industriali. «Le criticità principali sono il sistema creditizio e la mancanza di un supporto locale. Nell'internazionalizzazione ci ha aiutato molto l'esperienza quasi ventennale in questo paese».

Andare all'estero coi mezzi giusti è il primo passo per evitare inconvenienti: «Le insolvenze stanno crescendo e non solo nei paesi emergenti: anche in Uk e Francia. È fondamentale, perciò, scegliere un'azienda che ti possa pagare: per questo serve una realtà locale che dia informazioni e affidarsi a società di assicurazione che possano assistere in tutto il ciclo del recupero crediti» spiega Luca Burrafato di Euler Hermes, compagnia di assicurazione del credito. Per Matteo Alessi, di Alessi Srl, che produce oggetti di design, negli ultimi tempi «sta cambiando, in senso positivo, il supporto dello Stato alle aziende che vogliono esportare. Adesso c'è una grande attenzione».

Purtroppo, a volte, neppure questi strumenti bastano e le dinamiche geopolitiche creano delle serie difficoltà alle aziende. Il Gruppo Pieralisi, il cui core business sono le macchine olearie, si è scontrato di recente con questo tipo di criticità: «L'olio di oliva viene prodotto nelle zone mediterranee, tra cui il Medio Oriente. In Siria, dopo la guerra, dei nostri mille impianti non ne è rimasto neppure uno» spiega Gennaro Pieralisi. «Un paese su cui facciamo affidamento è invece la Spagna, che produce metà dell'olio del mondo».

L'approfondimento continua nei prossimi mesi con gli incontri Anima su alcuni mercati esteri, tra cui Cina, Giappone, Iran, Usa e altri. La presentazione degli appuntamenti 2017 con i "Focus Paese" sarà disponibile a breve sul sito di Anima. Tra gli incontri in programma anche "Export Day Usa".

Foto di Stefano Scarpiello

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