Tutelare il know how in azienda, l'Europa in aiuto delle Pmi

La direttiva europea sulla protezione del know how.

30 mag 2018

Matteo Mussi, Lawtelier

Articolo pubblicato su L'Industria Meccanica n. 715

Mai come in questo periodo storico si è assistito a un'attenzione sempre più crescente per il tema della tutela delle innovazioni da parte sia del legislatore nazionale sia del legislatore europeo.

A livello nazionale, basti ricordare, da ultimo, l'introduzione del cosiddetto Patent box, un'agevolazione fiscale che premia, con una vantaggiosa riduzione delle imposte, quelle aziende che tutelano e valorizzano i propri beni di proprietà intellettuale, quali brevetti, modelli, segreti industriali (il cosiddetto know how) e software.

Del resto, che la proprietà intellettuale sia ormai il terreno su cui si costruiscono e giocano le fortune di molte aziende – e tra queste tantissime sono le Pmi – è, ad esempio, attestato dal fatto che uno dei temi più "spinosi" messi sul tavolo dal presidente americano Donald Trump nell'ambito del confronto commerciale con la Cina sia proprio quello del "furto" di segreti industriali relativi a tecnologia "made in Usa", da cui la decisione di introdurre dazi doganali su prodotti tecnologici.

Non deve quindi stupire se, chi è deputato a fare le leggi, sia oggi portato a rivolgere l'attenzione, in maniera più significativa e insistente che non in passato, proprio al tema della proprietà intellettuale, con una particolare preoccupazione per il profilo della sua tutela.

In tale contesto, va senz'altro segnalata la Direttiva EU n. 943/2016 sulla protezione del know how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti, che dovrà essere attuata nel nostro ordinamento nazionale entro il 9 giugno prossimo (ma è evidente che molto dipenderà dagli sviluppi dell'attuale situazione politica).

In realtà, in tema di protezione del know how riservato e di segreti commerciali, l'Italia dispone già di una legislazione avanzata ed efficace (artt. 98 e 99 del Codice della proprietà industriale).

Il Governo, pertanto, in fase di attuazione è orientato ad adottare un approccio conservativo, limitando gli interventi a quelle disposizioni che andranno a rafforzare la protezione già esistente e a quelle strettamente obbligatorie.

Tra le altre, ad esempio, dovrebbe essere introdotta una nuova norma in base alla quale anche i soggetti che ignorano incolpevolmente l'origine illegale di un segreto commerciale potranno comunque essere destinatari di provvedimenti a tutela del segreto stesso.

Ad ogni buon conto, a prescindere da come verrà in concreto attuata, la Direttiva in questione si segnala già soltanto per il fatto che il legislatore europeo, evidentemente sempre più consapevole del valore economico e strategico delle informazioni aziendali riservate, ha voluto fornire una tutela ad hoc con il dichiarato intento di accrescere la competitività e la capacità innovativa delle imprese, specialmente di quelle piccole e medie.

Nei "Considerando" della Direttiva, infatti, si prende atto che, se in linea generale è vero che le imprese, a prescindere dalla loro dimensione, attribuiscono ai segreti commerciali lo stesso valore dei brevetti e di altre forme di diritto di proprietà intellettuale, in realtà le piccole e medie imprese attribuiscono un valore anche maggiore ai segreti commerciali e vi fanno un più grande affidamento.

La Direttiva in questione, quindi, risponde ad una esigenza – quella della tutela dei segreti aziendali – su cui in particolare le Pmi sono piuttosto sensibili.

Tale considerazione del legislatore europeo riporta alla mente un articolo comparso non molto tempo fa su un quotidiano nazionale (La Stampa del 21 febbraio 2018), dal titolo "Aziende strategiche e hi-tech nel mirino degli 007 stranieri".

In tale articolo viene rivelato come molte Pmi italiane, notoriamente depositarie di know-how di pregio, siano sempre più oggetto di "attenzioni" – spesso a loro insaputa – da parte di servizi di intelligence di paesi stranieri, con la finalità di entrare indebitamente in possesso di dati sensibili oppure di acquisire l'azienda stessa, ricorrendo, in questo caso, anche a triangolazioni finanziarie nel tentativo di celare operazioni scorrette.

Tali iniziative, infatti – si legge nella relazione annuale del Dis, il dipartimento delle informazioni per la sicurezza, citata dall'articolista – sono «tese a sottrarre tecnologie pregiate, a eliminare o comprimere la competitività e la concorrenzialità delle nostre aziende».

A tale proposito il Dis lancia quindi un allarme, poiché le aziende italiane risultano essere alquanto permeabili rispetto a tali manovre, ammonendo che «Questa vulnerabilità richiede la necessaria salvaguardia delle capacità produttive nazionali, del loro know how pregiato e dei rispettivi livelli occupazionali».

Tale permeabilità trova, peraltro, conferma nei risultati di un'indagine dell'Unione europea pubblicata la scorsa estate, dalla quale emerge come, da un lato le aziende italiane prediligano di gran lunga mantenere le proprie innovazioni in regime di segreto aziendale piuttosto che proteggerle ricorrendo alla brevettazione, dall'altro, tuttavia, le medesime aziende risultare essere, al contempo, tra quelle europee, le peggio attrezzate proprio in tema di protezione dei segreti aziendali.

In tale contesto è dunque quanto mai attuale l'esortazione "conoscere per decidere" di Luigi Einaudi: oggi, più che in passato, è necessario che le aziende italiane conoscano a fondo gli strumenti di tutela – quelli attuali e quelli in procinto di entrare in vigore – del loro sapere aziendale, al fine di pianificare al meglio lo sviluppo e la messa in sicurezza dell'azienda. In questo senso, verranno prossimamente proposti alcuni workshop circa le recenti novità legislative in merito alla tutela delle innovazioni aziendali.

Energia, Edilizia, Alimentare, Movimentazione e logistica, Sicurezza e ambiente, Industria varia, Industria, Lawtelier