La Finanziaria che cambia l'export con l'Algeria

Per la meccanica italiana si aprono opportunità. Ma alcune istruzioni operative, se male interpretate, possono creare difficoltà ad alcuni comparti.

08 mar 2018

Marco Polizzi, Easyfrontier

Il 1° gennaio 2018, il Governo algerino ha pubblicato, sul proprio sito istituzionale, un comunicato con cui ha reso note una serie di riforme e modifiche, principalmente contenute nella legge finanziaria per il 2018, che potrebbero impattare sugli scambi tra Unione europea e Algeria.

Negli ultimi anni, l'instabilità e il crollo del prezzo del petrolio hanno notevolmente influenzato l'andamento dell'economia algerina, definita eccessivamente "oil-dependent", e hanno accentuato il gap, già consistente, tra le importazioni e le esportazioni.

La manovra finanziaria del governo algerino è stata elaborata con il preciso obiettivo di attenuare, nel giro di pochi anni, lo squilibrio della bilancia commerciale e di incentivare lo sviluppo dell'industria nazionale, nell'ottica di ridurre la sensibilità dell'economia nazionale alla volatilità del prezzo del petrolio.

La nuova legge prevede – tra le altre cose – l'aumento (al 30% e al 60%) dei dazi all'importazione in Algeria per 129 linee tariffarie, tra cui, di rilevo per le aziende della meccanica, forni industriali, gru, ponti scorrevoli, macchine automatiche per l'elaborazione dell'informazione, oggetti di rubinetteria e valvole.

L'aumento è previsto a prescindere dall'origine dei prodotti importati in Algeria: ma i prodotti importati da Paesi terzi con i quali l'Algeria ha concluso accordi di libero scambio (come, ad es. l'Unione europea), purché di origine preferenziale di tali Paesi terzi, non dovrebbero essere colpiti dall'aumento del dazio.

L'accordo preferenziale tra Unione europea e Algeria consente, infatti, all'Algeria di adottare misure eccezionali, di durata limitata, con riferimento a "settori in difficoltà". Tali misure eccezionali non possono, però, prevedere dazi doganali ad valorem all'importazione in Algeria superiori al 25% del valore in dogana; inoltre, tali misure possono essere applicate a non più del 15% delle importazioni totali di prodotti originari dell'UE effettuate nell'ultimo anno .

Pertanto, la legge finanziaria 2018 non può, per sua natura, essere applicata ai prodotti di origine preferenziale UE: l'aumento dei dazi previsto (al 30% e al 60%), infatti, va ben oltre il limite fissato dall'accordo di libero scambio (25%).

L'accordo tra UE e Algeria , poi, esclude la possibilità che le parti introducano nuove restrizioni quantitative (sia all'importazione sia all'esportazione) né altre misure di effetto equivalente . Analogamente a quanto avviene per i dazi doganali, dunque, l'introduzione dei contingenti tariffari su alcune tipologie di autoveicoli e la sospensione temporanea di importazione in Algeria di alcune tipologie di prodotti – come previsto dalla suddetta manovra – non può interessare quelli di origine preferenziale UE.

I limiti posti dall'accordo tra UE e Algeria alla libertà delle parti di adottare misure restrittive agli scambi bilaterali costituiscono un vantaggio competitivo per gli operatori italiani (e unionali): i prodotti di origine preferenziale UE – non colpiti dalla manovra finanziaria algerina – continueranno a scontare dazi ridotti o nulli all'importazione e non saranno soggetti ai nuovi contingenti tariffari (fermi restando quelli già previsti dall'accorda tra le due parti) né alla sospensione delle importazioni in Algeria di certe tipologie di beni.

Nel comunicato del Governo algerino, inoltre, sono state specificate altre novità, che creano, stavolta anche a carico degli esportatori italiani e unionali, alcune difficoltà, tutte riconducibili, come vedremo, ad un equivoco.
Dal 2007, in Algeria è obbligatoria, per gli operatori nazionali (algerini) che intendono importare merce destinata alla rivendita allo stato immutato, l'attivazione di una domiciliazione bancaria. Nell'ottobre 2017 la Banca d'Algeria ha stabilito che la domiciliazione deve essere attivata dall'importatore almeno 30 giorni prima dell'operazione commerciale. Alla fine del 2017, l'Association des Banques et des Etablissements Financiers (ABEF) ha indicato quali documenti fossero necessari per la domiciliazione bancaria a partire dal 1° gennaio 2018. Tra questi documenti, quello che potrebbe incidere sulle esportazioni di alcune tipologie di merce di interesse delle aziende associate, è la cosiddetta "Attestazione di libera commercializzazione dei prodotti nel loro Paese di origine e/o di provenienza", che deve essere rilasciata dall'autorità dûment habilitée (ovvero debitamente autorizzata) nel Paese di origine e/o di provenienza dei prodotti importati.

L'ABEF specifica che l'attestazione di commercializzazione è conforme a quanto previsto dall'articolo 12 del Decreto esecutivo algerino n. 12-203 del maggio 2012. In particolare, peraltro, tale articolo dispone che i prodotti non commercializzati nel Paese di origine perché non conformi agli standard di sicurezza non possono essere immessi sul mercato algerino e che "i prodotti importati che non sono coperti dalla regolamentazione nazionale in materia di standard di sicurezza devono rispondere agli standard di sicurezza in vigore nel loro Paese di origine o di provenienza".

Pertanto, tutti i beni importati in Algeria devono essere conformi agli standard di sicurezza del paese di origine e/o di provenienza, a prescindere dall'esistenza o meno di normativa algerina relativa a tali prodotti; inoltre, essi dovranno essere conformi anche alle disposizioni algerine, quando presenti.

Nel modello fornito da ABEF e ripreso nella comunicazione del governo algerino, viene richiesto di attestare che i prodotti esportati verso l'Algeria sono conformi "alla regolamentazione in vigore o, in mancanza, alle disposizioni internazionali in materia di sicurezza e di protezione del consumatore". Tale modello risulta non conforme a quanto richiesto dall'articolo 12: quest'ultimo, infatti, non fa menzione né degli standard internazionali né della protezione del consumatore.

Inoltre, il modello di attestazione riporta anche una dichiarazione di "commercializzazione dei prodotti nel Paese di origine o provenienza: tale dichiarazione, che crea un significativo onere aggiuntivo per gli esportatori, non è conforme all'articolo 12 del Decreto esecutivo algerino che, lo ricordiamo, si riferisce esclusivamente agli standard di sicurezza.

D'altro canto, l'ABEF e il Governo algerino hanno specificato che il modello di attestazione fornito è solo esemplificativo, non vincolante per le autorità nazionali dei Paesi esportatori.

Per quanto riguarda l'autorità "debitamente autorizzata" al rilascio dell'attestazione di conformità, essa non è identificata dalla normativa algerina e, in UE, è convinzione comune che debbano essere le Camere di Commercio ad autenticare la dichiarazione resa dall'esportatore. Unioncamere – dopo aver sentito l'Ambasciata italiana ad Algeri – ha trovato una soluzione, verificata anche presso alcuni istituti bancari algerini: le aziende potranno richiedere alla Camera di Commercio competente per il territorio di apporre un visto camerale su una propria dichiarazione di conformità.

L'obbligo di conformità agli standard di sicurezza sussiste già, come ricordato sopra, dal maggio 2012. La novità introdotta riguarda esclusivamente l'obbligo di attestare tale conformità, che rimane limitato alle merci importate in Algeria soggette alla domiciliazione bancaria, ovvero le merci destinate alla rivendita allo stato immutato. Di conseguenza, l'obbligo di attestazione di conformità, volto ad evitare l'immissione in consumo di prodotti irregolari e non conformi, non colpisce quei prodotti che, anche se venduti B2B, sono destinati ad essere impiegati direttamente nel processo produttivo dell'importatore (quali macchinari o impianti).

Infine, come sottolineavamo sopra, l'attestazione di libera commercializzazione, così come formulata nel fac simile suggerito ma non imposto dal Governo algerino, richiede anche che i prodotti importati in Algeria siano commercializzati nel proprio Paese di origine e/o di provenienza.

Per le imprese italiane di alcuni specifici settori, la commercializzazione dei prodotti sul mercato nazionale (e unionale) è, però, subordinata non solo alla conformità in materia di sicurezza (Direttiva 2006/42/CE, c.d. "Direttiva macchine") ma anche alla conformità alle norme in materia di certificazione ed etichettatura energetica (di cui alla Direttiva 2009/125/CE e al Regolamento (UE) 2017/1369, normative Ecodesign ed Energy labelling). Eppure, tali conformità non sono in realtà richieste dalla normativa algerina.

Pertanto, la richiesta di attestare la "commercializzazione dei prodotti nel Paese di origine/provenienza", impedisce, alle imprese unionali assoggettate alla normativa citata, di sottoscrivere il modello di dichiarazione suggerito dal governo algerino, pur rispettando quanto richiesto dalla stessa normativa algerina: infatti, non essendo, talora, i prodotti esportati, conformi alle norme in materia energetica, essi non possono essere commercializzati sul territorio italiano.

Ad oggi, le imprese potrebbero comunque richiedere di sottoscrivere una dichiarazione nella quale si specifichi ancor meglio che il prodotto non è commercializzato nel Paese di origine/provenienza esclusivamente con riferimento alla normativa energetica, anche se sarebbe assai più opportuno che, a livello unionale, venisse chiarito, con maggiore incisività, il fatto che il modello è solo orientativo e non vincolante e che esso non dovrebbe travalicare i limiti imposti dal più volte ricordato Decreto esecutivo.


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