Le pompe italiane come la moda: il brand è il differenziale competitivo

Pubblicata l'indagine su 170 aziende del settore

16 mar 2016

l.a.

Stamattina è stata pubblicata l'indagine su 170 aziende del settore delle pompe che presenta un'importante polverizzazione di aziende con un fatturato minore di 5 milioni di euro. La collaborazione di alcuni docenti di grandi atenei come Università Cattolica, Sda Bocconi, Università di Ferrara, Università di Strasburgo e Politecnico di Milano assieme all'Ufficio studi Anima e Atradius ha permesso di aggiornare il libro bianco sul settore.

Nonostante la crisi, il comparto, rappresentato da Assopompe, ha registrato una crescita costante. In questi primi mesi del 2016 si sta verificando una ripresa importante dell'export. Cresce il mercato europeo ma soprattutto quello asiatico e tiene le posizioni la destinazione statunitense. Dal punto di vista finanziario, l'indice di liquidità è molto buono, non ci sono problemi di equilibro finanziario. C'è ampio margine per le passività di breve termine. Nell'indice di indebitamento a breve la tendenza comune è che è molto alta ma non è un dato preoccupate perché le imprese sono poco indebitate. L'indice medio di copertura delle immobilizzazioni fa vedere che si usano capitali propri, segno del fatto che le aziende sono robuste. Dichiara Carlo Banfi, Presidente Assopompe: «Il trend evidenziato all'unisono da tutti gli imprenditori è che c'è sempre più richiesta di qualità e di marca, più che del prezzo. Affidabilità e qualità è un tema di prodotto più servizio, non solo prodotto. Il servizio è inteso come post vendita, quindi manutenzione e assistenza, ma sempre più si cerca un servizio a 360° quindi anche in fase di prevendita. Un altro elemento chiave, comune a tutti, è la vicinanza al cliente, frutto di un legame più forte con i fornitori. Si ha sempre più bisogno di avere informazioni integrate sull'end user».

Giulio Schiaretti, di Salvatore Robuschi Srl, conferma che il 2015 è stato «estremamente positivo sia come fatturato che come portafoglio ordini perché stiamo consolidando strategie già predisposte negli anni precedenti. Ci concentriamo su consulenza nell'affiancamento dei clienti che sono costruttori di impianti ed end user. Forniamo un prodotto, come la pompa, customizzata a esigenze specifiche. Vogliamo essere dei sarti, costruendo un prodotto su misura. Abbiamo una vasta modularità dei prodotti e ci rivolgiamo all'area prettamente industriale per soluzioni abbastanza complesse. La crescita la dobbiamo al mercato esterno più che all'Italia e mi riferisco in particolare a Europa e Asia. Non siamo cresciuti in Russia a causa dell'embargo. L'altra nostra arma è la velocità di risposta e di consegna delle macchine. È possibile perché abbiamo un grande capacità di magazzino e una rete informatica molto evoluta per una trasmissione molto veloce delle informazioni».

Prospettive 2016? Decisamente positive. Fabrizio Rovati e Diego Bombiero, del Gruppo Aturia, confermano una richiesta sempre maggiore di italianità in Medio Oriente e Nord Africa, molto più che in Europa. «Ora c'è il fenomeno Iran, per cui vediamo che ci sono molti progetti, ma che dobbiamo individuare bene per usare efficientemente le disponibilità. Bisogna trovare il partner locale capace di guidarti». La produzione del Gruppo è suddivisa per il 15% nel settore civile, il 65% pompe per acqua e il 20% in Oil&gas. «Nel 2015 abbiamo fatturato 27 milioni di euro, oggi lavorano per il Gruppo 250 persone. Gli ostacoli più importanti nel commercio trovare dei partner e far conoscere la qualità è il punto di svolta. Gli Emirati richiedono molto il Made in Italy che è ancora un punto di forza evidente».


foto © ANIMA - L'INDUSTRIA MECCANICA | ph. Yuri Vazzola

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