La responsabilità estesa del produttore e la gestione dei Raee in Italia

In cosa consiste l'Epr

09 nov 2017

Danilo Bonato

Articolo pubblicato su L'Industria Meccanica n. 711.

Sebbene il nostro ordinamento intenda promuoverla, se volessimo ricercare una definizione formale per capire in cosa consista la responsabilità estesa del produttore (Epr), andremmo incontro ad un sicuro fallimento: il legislatore non ha normato al riguardo.

Rivolgendo l'attenzione a livello comunitario, la situazione diverrebbe un pochino più chiara.

Non solo perché l'Art. 8 della Direttiva 98/2008/ CE definisce alcuni contenuti minimi dell'Epr, ma anche perché l'Epr è stata introdotta in alcuni settori produttivi, tra cui quello delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee).

Ciò, tuttavia, non basta a fare piena luce sul contenuto di questo regime di responsabilità. Esso a oggi rimane fluido, in quanto le norme vigenti si limitano a fornire solo alcuni esempi in merito alle misure adottabili.

In cosa consiste, dunque, l'Epr? Una risposta può essere data in questi termini: è quella responsabilità che impone a chi produce un bene di avere cura su come sarà gestito il rifiuto derivante dal suo utilizzo e del raggiungimento degli obiettivi imposti dalla legge. Anche nel caso in cui il rifiuto finale sia stato prodotto da un soggetto diverso dal produttore del bene. Per essere più chiari: se una lampada si fulmina ed è da cambiare, dovrebbe prendersi cura del rifiuto non solo chi ha utilizzato la lampada, ma soprattutto chi l'ha prodotta e/o messa in commercio.

Ma in che deve consistere questa "cura"? Secondo il legislatore europeo l'estensione dell'Epr può oscillare dal semplice obbligo di raccogliere i prodotti restituiti e/o i rifiuti che restano dopo l'utilizzo, fino a quello di garantire una percentuale minima del loro riciclaggio o prevenzione.

Tali obblighi possono essere poi accompagnati dal compito di informare i consumatori su come riparare, riciclare, recuperare o smaltire correttamente tale prodotto/rifiuto, oppure da quello di adottare programmi di prevenzione dei rifiuti fino a quelli di innovazione ecologica dei prodotti.

Vista sotto una diversa prospettiva, l'Epr costituisce un modello di gestione dei rifiuti, più o meno esteso a seconda della portata del regime di responsabilità, che ha come immediato effetto quello di spostare i costi di gestione dei rifiuti dalla collettività al produttore di un determinato bene. Naturalmente se il produttore del bene è tenuto a farsi carico della gestione dei rifiuti dei suoi prodotti, questo costo potrà ricadere, almeno in parte, più sull'acquirente del singolo bene e meno sull'utente del servizio di igiene urbana.

Gli effetti, in realtà, sono ben più complessi. Tali impegni, infatti, comportano costi in capo a produttori, sistemi di controllo, sanzioni per inadempienza etc., tutti elementi in grado non solo di incidere sul posizionamento delle aziende sul mercato, ma anche di orientare investimenti e strategie.

Recentemente, anche alla luce di questi fattori, in Europa si è cominciato a discutere sulla necessità di inquadramento di questo istituto, definendo regole minime comuni per tutti gli Stati membri e allo stesso tempo incoraggiandone l'applicazione anche in settori produttivi finora esclusi.

Molte di queste discussioni avranno una traduzione operativa con il nuovo Pacchetto europeo sull'economia circolare.

La responsabilità estesa del produttore nel mondo
Il tema dell'Epr ha cominciato a imporsi come principio delle politiche ambientali verso la fine degli anni '80, trovando crescente applicazione in molti paesi industriali. Una delle più rilevanti motivazioni a supporto della diffusione dell'Epr consiste, infatti, nella sua capacità di ridurre gli oneri per la pubblica amministrazione e i cittadini, di incrementare il riciclo dei materiali e di internalizzare in misura maggiore i costi ambientali nei processi di produzione e di consumo, penalizzando i prodotti meno virtuosi. E oggi possiamo dire che questo strumento ha permesso di ottenere interessanti risultati non solo in Europa, ma anche negli altri stati dove ha trovato applicazione.

Secondo un recente studio pubblicato dall'Ocse, oggi nel mondo sono in vigore circa 400 regimi Epr, di cui il 75% sorti dopo il 2001. La maggior parte di questi sono di tipo obbligatorio, imposti dunque per legge, e solo una minoranza segue un approccio di tipo volontario. Il 35% riguarda il settore della piccola elettronica di consumo, seguito dai settore degli pneumatici (18%) e da quello degli imballaggi (17%). In Europa operano il 42% dei sistemi Epr, solo in Nord America il numero è più alto (48%).

Circa il 70% dei sistemi Epr operativi nel mondo prevedono l'obbligo di ritiro dei rifiuti, spesso associato con un contributo ambientale obbligatorio (17%) o una cauzione (11%). Nella maggioranza dei casi i produttori rispondono della propria responsabilità attraverso i cosiddetti sistemi collettivi, in cui più produttori si uniscono per formare un'entità che provvede ad adempiere agli obblighi dell'Epr in loro vece.

L'alternativa è quella del sistema individuale, in cui il singolo produttore si adopera per ritirare e gestire i rifiuti che derivano dal consumo dei propri prodotti.

Il sistema collettivo ha indubbi vantaggi: non solo consente economie di scala, ma permette anche di rappresentare meglio le esigenze dei consumatori, dei produttori e delle autorità locali, semplificando le operazioni, riducendo gli oneri, ma anche affrontando il problema dei "rifiuti orfani", come ad esempio i cosiddetti Raee storici generati da apparecchiature vendute in passato da produttori che non sono più sul mercato.

Inoltre, il sistema Epr può avere un unico sistema collettivo in cui convengono tutti i produttori, oppure più sistemi collettivi, anche in coesistenza con sistemi individuali. In genere, i sistemi collettivi sono soggetti non profit, anche se nel mondo non mancano alcuni esempi di sistemi collettivi sotto forma di società con fini lucrativi.

Laddove esistono più sistemi collettivi o misti collettivi e individuali, vengono istituite delle strutture di coordinamento per garantire parità di condizioni per tutti gli operatori.

Uno dei vantaggi attesi dall'introduzione dei sistemi Epr è quello della riduzione della produzione di rifiuti attraverso l'evoluzione dell'eco-progettazione dei prodotti.

In Europa nel settore degli imballaggi, ad esempio, il singolo imballaggio in alluminio in 10 anni è mediamente dimagrito in peso del 17% e quello di carta del 18%, mentre di vetro del 10%.

Più complessa, invece, è la misurazione dei benefici per le casse pubbliche, i quali tuttavia sussistono. Basti pensare che attraverso i sistemi Epr gli Enti locali vedono assicurate entrate dalla gestione delle attività di raccolta e, a volte, dalla cessione dei materiali raccolti in maniera differenziata, anche quando il prezzo delle materie prime è basso.

Ma ancor maggiori sono i vantaggi economici e ambientali. I sistemi Epr, infatti, essendo finalizzati a garantire il rispetto di livelli minimi di riciclaggio, contribuiscono alla riduzione di emissioni di gas ad effetto serra, diminuiscono il prelievo di materie prime dalla natura, incrementano l'occupazione, incentivano l'eco-progettazione e riducono l'incertezza dell'approvvigionamento di risorse specie per paesi, come il nostro, poveri di materie prime.

L'Epr nella filiera dei Raee in Italia
L'Italia ha introdotto la Responsabilità Estesa del Produttore in sede di recepimento della Direttiva 2002/96/ CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), avvenuto con il D.Lgs. 151/05.

Più recentemente, il regime è stato parzialmente modificato dalla Direttiva 2012/19/UE, recepita con il D.Lgs. 49/14. L'Italia, come gli altri Stati membri, deve raggiungere gli obiettivi minimi di raccolta e di recupero/riciclo dei Raee, a tale fine i produttori degli Aee si ripartiscono il relativo onere sulla base della rispettiva quota – in peso – dei prodotti immessi nel mercato.

L'obbligo primario ricade in capo ai produttori di Aee, che a norma dell'art. 8 del D. Lgs. n. 49/14 sono tenuti a conseguire gli obiettivi minimi di recupero indicati dal legislatore e a versare il contributo necessario per adempiere agli obblighi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento imposti dal decreto medesimo.

Tuttavia, per quanto attiene la raccolta dei Raee provenienti dai nuclei domestici, i comuni hanno il compito di assicurare la funzionalità e l'adeguatezza dei sistemi di raccolta differenziata per permettere ai distributori, agli installatori e ai gestori dei centri di assistenza tecnica di conferire gratuitamente i Raee da loro detenuti o raccolti nei centri di raggruppamento.

In questo caso i produttori hanno l'obbligo di ritirare i Raee dai centri di raccolta che ne facciano richiesta. In ogni caso, per realizzare gli obiettivi stabiliti dal legislatore, è consentito ai produttori di poter organizzare per proprio conto o mediante i sistemi collettivi la raccolta dei Raee domestici (art. 12, D. Lgs n. 49/14).

Dal canto loro i distributori devono consentire ai consumatori di restituire gratuitamente al momento dell'acquisto un Raee di tipo corrispondente all'Aee acquistata e se dispongono di locali destinati alla vendita di superficie superiore a 400 metri quadri di ritirare anche i Raee domestici di piccole dimensioni (inferiori a 25 cm).

Questa ripartizione dei compiti fa sì che i costi sostenuti per la gestione dei Raee siano condivisi tra i produttori e altri soggetti coinvolti nella gestione dei Raee.

Tutti i produttori, prima di immettere nel mercato apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), devono iscriversi ad un apposito registro conservato presso le camere di Commercio e gestito dal comitato di Vigilanza e Controllo istituito presso il ministero dell'Ambiente. In sede di immissione delle Aee deve, inoltre, fornire un'idonea garanzia finanziaria.

I produttori devono, altresì, assicurare che i Raee siano sottoposti ad un trattamento adeguato prima del loro recupero, produrre annualmente un piano di gestione, marcare al fine della loro identificazione le Aee immesse nel mercato, fornire informazioni agli utilizzatori in merito alla corretta gestone del rifiuto e agli impianti di trattamento dei Raee sulle modalità di preparazione per il riutilizzo e di trattamento. Il modello italiano prevede che i sistemi collettivi e individuali vengano previamente riconosciuti dal Ministero dell'ambiente: a tal fine devono assicurare di operare su tutto il territorio nazionale e essere in possesso delle certificazioni ISO9001 e ISO14001, EMAS o altro sistema di gestione della qualità equivalente.

Il sistema collettivo assume tutti gli obblighi relativi all'Epr ricadenti sui singoli produttori aderenti e questi assolvono ai loro obblighi con il versamento del contributo allo stesso.

Tale contributo può essere applicato sul prezzo di vendita della singola Aee ed evidenziato in fattura. Il fulcro operativo del modello italiano è rappresentato dal centro di coordinamento, un consorzio composto da tutti i sistemi collettivi di gestione dei Raee provenienti dai nuclei domestici e vi possono partecipare i sistemi individuali di gestione dei Raee domestici, nonché i sistemi individuali e collettivi di gestione dei Raee professionali.

Due componenti nominati dal ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal ministero dello Sviluppo economico fanno parte del collegio sindacale.

Il nuovo Pacchetto sulla economia circolare e le modifiche ai regimi Epr in discussione in Europa
Dal dicembre 2015 è partito il procedimento per la riforma della disciplina sulla gestione dei rifiuti all'interno del cosiddetto "Pacchetto sull'economia circolare" elaborato dalla Commissione europea.

Il testo, su cui sono chiamati a esprimersi anche il Consiglio e il Parlamentoeuropeo, non è ancora conosciuto anche se, sulla base delle posizioni finora elaborate, si può affermare che un punto fermo delle modifiche sarà quello relativo alla definizione di criteri generali – minimi secondo il Parlamento europeo – sull'Epr.

Questi criteri sono già in parte stati adottati dall'Italia, anche in sede di implementazione del regime Epr nel settore dei Raee, ma, laddove fossero riportati nella futura Direttiva, dovrebbero essere apportate delle modifiche al nostro ordinamento, anche rispetto ai regimi disciplinati da Direttive specifiche. Infatti, nel quadro delle disposizioni vocate all'individuazione di tali criteri, nella proposta di modifica vengono richiamate le direttive che impongono il regime Epr nei settori degli imballaggi, dei Raee, delle pile e gli accumulatori e dei veicoli fuori uso.

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