Coordinamento tra le clausole contrattuali

Nello contratto o in contratti, è importante affrontare i dettagli a monte, e a valle, con i clienti finali.

31 mag 2018

Giacomo Pescatore

Articolo pubblicato su L'Industria Meccanica n. 715.


Nel primo intervento apparso nel numero di marzo di questa rivista si è ricordato come, salvo rare eccezioni in cui la forma scritta è prevista ai fini della validità del contratto, ogni rapporto di un'impresa con i propri fornitori e clienti, in Italia o all'estero, costituisca un rapporto contrattuale a prescindere dal fatto che esso risulti o meno formalizzato da un contratto scritto.


E anche in presenza di una forma scritta il rapporto contrattuale debba essere interpretato alla luce del comportamento delle parti prima, durante e dopo la redazione del testo contrattuale.


A quest'ultimo riguardo, si è infatti ribadito come, al pari di un qualsiasi macchinario industriale, il contratto debba interfacciarsi in modo efficiente con ciò che si pone prima e dopo di esso (come in un'ideale linea di produzione) e debba al contempo vedere un operare armonico tra le proprie componenti.


In questo articolo ci occuperemo, quindi, del coordinamento di alcune clausole contrattuali all'interno dello stesso contratto o di contratti differenti.

Al riguardo, occorre effettuare una premessa, tanto scontata quanto importante: il contratto perfetto non esiste e, qualora anche esistesse, comporterebbe una tale mole di clausole contrattuali da non risultare di fatto sottoponibile per la firma ai propri clienti o fornitori della maggior parte delle imprese italiane (che, per dimensioni e cultura, hanno un approccio diverso, ad esempio, alle grandi multinazionali statunitensi, note invece per tentare di imporre i propri format contrattuali).


Nel predisporre un testo contrattuale occorre quindi sottoporsi ad una sorta di check up preventivo e chiedersi quali siano i rischi principali che ci si attende possano derivare dal rapporto contrattuale, in modo da orientare la contrattualistica di conseguenza.


Così, ad esempio, se un'impresa italiana fornisce un macchinario che storicamente non risulta sottoposto a contestazioni circa il suo funzionamento da parte dei clienti, ma il cui prezzo non deve essere pagato dal cliente integralmente entro la consegna, uno dei rischi da gestire attraverso il contratto risulterà essere quello del mancato pagamento di tutta o parte del corrispettivo contrattuale.


In tal caso, sarà pertanto opportuno che la contrattualistica non sia orientata tanto su aspetti legati alla garanzia e alla limitazione della responsabilità quanto su ciò che consenta un tempestivo recupero del credito. In questo caso, la previsione della risoluzione delle controversie contrattuali attraverso un arbitrato, oltre ad essere particolarmente oneroso (soprattutto qualora sia prevista la presenza di più arbitri nel contesto di un arbitrato Cci), risulta controproducente per l'impresa fornitrice, che deve affrontare i tempi e i costi di un intero arbitrato anziché poter chiedere un decreto ingiuntivo (o un provvedimento ad esso equivalente in un paese straniero).


Allo stesso modo, anche laddove non sia prevista una clausola arbitrale ma il ricorso ad un giudice ordinario, la clausola contrattuale risulterebbe poco tutelante per l'impresa creditrice laddove sia previsto che il suo è il foro esclusivamente competente; infatti, salvi i casi in cui il debitore risulti una controparte europea (in cui la normativa di riferimento consente ad un titolo esecutivo ottenuto in Italia di poter essere utilizzato per una procedura esecutiva anche in altro paese europeo), ottenere un titolo esecutivo in Italia da eseguire in un Paese straniero risulta il più delle volte controproducente, perché si corre il rischio di non vederne riconosciuta la validità ai fini dell'esecuzione nel paese straniero.


Più che prevedere la competenza esclusiva del proprio foro competente, quindi, può essere consigliabile una clausola più bilanciata quale quella che preveda quale foro competente quello della parte di volta in volta convenuta in giudizio: in questo modo se l'impresa fornitrice deve agire per ottenere il pagamento del prezzo residuo, lo farà presso il foro del luogo in cui si trova il cliente (e, solitamente, i beni/crediti di questo che possono essere aggrediti per mezzo di una procedura esecutiva), mentre eventuali contestazioni circa il funzionamento del macchinario venduto dovrebbero essere effettuate presso il foro dell'impresa che lo ha fornito.


Ancora, non è detto che sia consigliabile, per un'impresa italiana che intenda sottoscrivere un contratto di agenzia con una controparte straniera, sottoporre il rapporto contrattuale la legge italiana; se infatti ad essere agente è la controparte straniera, potrebbe essere opportuno sottoporre il contratto alla legge dell'agente; è infatti ben possibile che tale legge non preveda un'indennità e, quindi, che sottoporre il rapporto contrattuale alla legge italiana risulti controproducente per la proponente.


È ovvio poi che clausole contrattuali come quelle relative alla legge applicabile e al foro competente debbano risultare coordinate tra loro (prevedere l'applicabilità della legge italiana ma la sottoposizione ad un Foro straniero risulta infatti scarsamente utile in quanto, magari anche in modo involontario, il giudice straniero tenderà ad applicare il contratto alla luce delle norme che gli sono più familiari).


Il problema della connessione tra queste tipologie di clausole si pone anche tra contratti diversi tra loro; se infatti un'impresa voglia tutelarsi rispetto a eventuali contestazioni dei clienti finali chiamando in causa un proprio fornitore per esserne manlevata e tenuta indenne, occorrerà che le relative clausole del contratto "a monte" (quello cioè con il proprio fornitore) e del contratto "a valle" (quello cioè con il proprio cliente finale) siano coordinate tra loro.
Se infatti questi due contratti prevedessero due clausole di risoluzione delle controversie diverse tra loro (perché sono previsti fori esclusivamente competenti diversi o solo uno dei due preveda una clausola arbitrale), ci si troverebbe nella situazione paradossale di rischiare di dover sostenere ben due cause (una con il cliente finale e l'altra con il fornitore da cui si pretende di essere manierati) con una duplicazione di costi e di rischi circa l'esito finale.


Lo stesso dicasi laddove, a non essere coordinata, sia la durata della garanzia che un'impresa riceve dai propri fornitori rispetto a quella che viene data ai clienti finali.


Quelli che precedono sono solo gli esempi più immediati di interconnessione tra clausole di uno stesso o di diversi contratti; il tema ovviamente molto più ampio e variegato, potendo riguardare tutti i principali aspetti della contrattualistica d'impresa, dal coordinamento tra le clausole di consegna (ed eventuale collaudo), garanzia e pagamento del prezzo a quello delle eventuali penali con le clausole di limitazione della garanzia e con le clausole risolutive espresse. Il tutto senza dimenticare che, qualunque sia la previsione delle clausole contrattuali, la condotta delle parti in fase di esecuzione del contratto si rivelerà fondamentale per l'interpretazione dello stesso e degli obblighi che ne scaturiscano; di questo parleremo nel terzo e ultimo intervento, previsto sul numero di settembre di questa rivista.

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