Simai punta al futuro, innovando la tradizione

Presidiare una serie di nicchie strategiche con soluzioni fortemente personalizzate e avere alle spalle la solidità di una multinazionale come Toyota Material Handling. Sono questi i punti di forza che evidenzia Massimiliano Bariola, managing director di Simai, un’azienda solamente rallentata nella sua crescita dall’emergenza sanitaria. Non mancano però delle preoccupazioni: «come molte altre eccellenze italiane navighiamo in questo mare incerto e come molte altre PMI abbiamo bisogno di un contesto proattivo pronto a sostenerci»

a cura di Daniele Bettini

23 set 2020

Quali sono stati gli impatti della crisi Covid sulla sua impresa, anche in termini di fatturato?

Effettivamente qualche rallentamento tra maggio e giugno l’abbiamo visto sulla presa ordini, soprattutto negli aeroporti. In generale però il settore della movimentazione orizzontale in cui siamo inseriti non ha particolarmente sofferto. Anzi, la richiesta di offerte tra maggio e giugno, rispetto all’anno scorso, che è stato un anno eccezionale, è addirittura aumentata. Questo perché siamo un'azienda molto particolare, lavoriamo in settori di nicchia, ma molto diversi tra loro e poi abbiamo un’alta capacità di customizzazione del prodotto, produciamo secondo specifiche molto puntuali. C’è stato quindi un rallentamento tra maggio e giugno, ma non così sensibile da preoccuparci.

Diverso sarebbe se avessimo riscontrato un crollo nella richieste delle offerte che invece, al momento, sono addirittura in crescita.

Quali sono gli scenari su cui state lavorando da qui a un anno?

La domanda è molto viva, stiamo comunque progettando soluzioni di marketing finanziario che possano aiutare i nostri clienti. Possiamo farlo perché alle spalle abbiamo una multinazionale come Toyota Material Handling che ci supporta e sostiene. Prima della crisi sanitaria il mercato era molto positivo, tenendo conto che veniamo da una annata molto confortante.

Tendenzialmente siamo quindi fiduciosi non credo che sia una situazione come quella del 2008 e anche il nostro portafoglio ordini ci conforta. Sarà comunque cruciale capire cosa accadrà in autunno.

Quali cambiamenti organizzativi avete dovuto apportare nell’immediato per gestire la riapertura e quali pensate di approntare nel breve periodo?

Abbiamo anticipato i protocolli di sicurezza promossi da Confindustria, ministero della Sanità e Inail ancor prima che fossero resi obbligatori. In completa sicurezza abbiamo continuato a lavorare per quei clienti per cui era indispensabile e possibile farlo (ospedali primi tra tutti) abbiamo anche rispettato le settimane di chiusura e impostato lo smart working. Dopo il lockdown abbiamo stabilito protocolli ancor più rigidi condivisi con il medico del lavoro, il comitato di gestione e rspp (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione). Abbiamo impostato i distanziamenti sociali e tutta una serie di regole per gestire i 4 turni mensa, le sanificazioni giornaliere e ancora, plexiglass, nastri distanziatori e quant’altro. Insomma tutto quanto necessario per rendere l’azienda un luogo sicuro e confortevole per i lavoratori. Oltre ad aver provveduto a stipulare un’assicurazione a tutti i lavoratori contro eventuali infezioni da Covind-19.

Ci sono degli obblighi che accelerano dei cambiamenti che erano già previsti o delle trasformazioni che, in qualche modo, potrebbero risultare utili a prescindere dalla stretta emergenza?

Abbiamo approfondito canali di comunicazione e i processi su cui stavamo già lavorando, e non parliamo solo di smart working. Non potendo ricevere clienti abbiamo approntato tutorial live, per facilitare manutenzione da remoto, e implementato video istituzionali utilizzandoli da un lato come strumento di marketing, dall’altro come strumenti operativi. Sono soluzioni tampone, ma intelligenti che continueremo a utilizzare, si sono infatti dimostrate efficienti e funzionali. Questo non vuol dire che trascureremo le relazioni e i rapporti umani, che dal nostro punto di vista rimangono il vero cuore dell’azione commerciale, appena potremo torneremo a visitare e ospitare clienti e fornitori, a stringerci le mani. Però, senz’altro, abbiamo colto l’occasione per accelerare l’ingresso di strumenti digitali anche per sopperire, per esempio, alla mancanza di fiere e di occasioni di confronto.

In questa visione alcuni degli investimenti che state realizzando potrebbero rendere la vostra impresa più resiliente nei confronti di prossime eventuali emergenze?

Siamo una Pmi molto particolare, siamo legati a un grande gruppo, facciamo della flessibilità e della customizzazione il nostro core business. Siamo sarti della meccanica, abbiamo il cambiamento nel nostro Dna, quindi pensiamo di essere in grado di adattarci facilmente ai contesti che mutano. L’essere parte di un grande gruppo ci dà poi la solidità per farlo in tranquillità.

Siamo resilienti per definizione, però certo, navighiamo nello stesso mare delle migliaia di Pmi italiane e abbiamo bisogno di un contesto non ostile.

Siamo preoccupati più che per noi, per il sistema Paese nel suo complesso, sugli effetti sociali di questa terribili crisi.

Van fatte due considerazioni: le crisi passate hanno compiuto una selezione importante, le aziende che sono rimaste sono importanti e vanno difese, ma hanno dimostrato di saper “combattere” su mercati e in "ambienti ostili".

Inoltre sono convinto che il sistema di precauzioni e l’esperienza drammatica che abbiamo vissuto ci abbia insegnato molto. Sono convinto che siamo pronti a gestire in sicurezza anche la seconda ondata, se per disgrazia ci dovesse essere. Deve resistere anche il Paese perché le Pmi sono una parte importante, ma non rappresentano tutto il Paese.

Alla luce di questa vicenda è mutato il vostro rapporto con l'innovazione? Pensate che questa crisi potrebbe accelerare/rallentare l’introduzione di qualche innovazione in azienda oppure prevarrà la necessità di "tornare ai fondamentali"?

Per essere una PMI e restare sul mercato devi innovare continuamente, anche se la velocità del “supposto” cambiamento si è fatta troppo rapida. Noi innoviamo nella tradizione e non seguiamo le mode. Alle spalle abbiamo un grosso gruppo che testa e sperimenta le tecnologie insieme a noi. Per questo, più in generale, vedrei bene un ritorno ai fondamentali dove i numeri e le potenzialità di prodotti e aziende abbiano piedi ben piantati nel concreto.

L'emergenza sanitaria ha evidenziato dei limiti strutturali del sistema industriale italiano? Se sì, quali?

Ci sono molte PMI e micro aziende che non sono riuscite a organizzare smart working per mancanza di investimenti IT o per deficit infrastrutturali. In realtà temo che questa sia una rappresentazione della resistenza al cambiamento.

Un ostacolo culturale, più che tecnologico. Noi non avendo portatili per tutti abbiamo smontato le postazioni fisse in azienda e le abbiamo portate a casa dei nostri collaboratori che le hanno installate con l’appoggio dei tecnici.

Certo è un costo, ma non potevamo pensare di fermare tutto per un tempo indeterminato.

L'emergenza sanitaria ha evidenziato dei punti di forza, dei fattori di resilienza del sistema industriale italiano? Se sì, quali?

In questo senso sono rimasto colpito, non tanto da progetti o da parole, ma da fatti. Tanti imprenditori grandi e piccoli si sono riconvertiti, hanno colto l’occasione per produrre gel mascherine o quanto potesse essere utile. Ma questa flessibilità, questa capacità di adattamento è tipica della Pmi italiana, è un valore che ripeto: va difeso e protetto.

Interpretando questo momento in termini di risk management, come pensate al vostro settore/impresa nei confronti delle variabili:

Lavoro/Automazione

Non nel nostro caso il lavoro è un caposaldo dell’industria italiana, non procederemo in questa direzione. Per la nostra metodologia produttiva è uno sviluppo relativamente interessante. Per quanto riguarda parlando di big data e analisi dati, in generale siamo convinti che non servano tanti numeri, ma quelli giusti. Non servono report infiniti, bastano pochi dati: semplici chiari e leggibili.

Dal punto di vista del prodotto, sappiamo che Toyota Material Handling sta lavorando nel settore e in parte ha già sviluppato queste tecnologie, soprattutto per la gestione delle flotte a noleggio, sono tecnologie disponibili che presto potremo usufruire sui prodotti Simai. I nostri focus tecnologici sono più legati alla guida autonoma o alla questione batterie, anche se questo è un tema molto delicato che ha aspetti puramente commerciali. Noi realizziamo la macchina a prescindere dalla batteria, quella poi, dati i costi, è una scelta che lasciamo totalmente al cliente.

Filiera e mercati di approvvigionamento, si spingerà su reshoring?

È un tema che mi sta molto a cuore. Come Simai crediamo nella filiera di prossimità, nel distretto. Non andiamo in cerca di fornitori a basso costo, puntiamo su qualità e relazione con il fornitore. Non nascondo che in questo momento questa è stata una nostra caratteristica chiave. Relazioni e qualità del lavoro piuttosto che prezzo. Anche dal punto di vista del sistema Paese è una scelta che paga e molte grandi imprese dovrebbero rivedere alcune loro impostazioni.

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