Iran oil & gas. I progetti sospesi a causa delle sanzioni saranno i primi a essere riattivati

23 progetti per 60 miliardi di dollari

17 dic 2015

Andrea Guerini Rocco e Giacomo Franchini - SupplHi

Articolo pubblicato sul numero di novembre/dicembre di Industria Meccanica

Che l'Europa volesse essere in prima fila per investire nel paese che, complessivamente, detiene le terze maggiori riserve di petrolio e gas del pianeta lo si era capito già alcune settimane prima della firma dell'accordo sul nucleare Iraniano, quando i rappresentanti di alcune compagnie petrolifere europee erano stati avvistati a Teheran. E il via vai di missioni diplomatiche (compresa quella italiana a cui ha preso parte anche l'Ad di Eni Claudio Descalzi) che è seguito alla notizia dell'accordo non ha fatto che confermare questa tesi.

Nonostante negoziazioni ufficiali non possano prendere luogo prima della rimozione ufficiale delle sanzioni (attesa per l'inizio del 2016), la competizione per aggiudicarsi i contratti più importanti è già intensa, ha riferito al Financial Times il Chief Executive of Power and Gas di Siemens Willi Meixner in occasione di una conferenza tenutasi lo scorso 20 ottobre nella capitale iraniana a cui hanno preso parte tutte le maggiori compagnie petrolifere Europee e Russe, inclusa naturalmente l'Eni, la cui prima presenza nel paese risale al 1957. L'assenza delle compagnie americane, bloccate dalle tensioni politiche interne riguardanti l'accordo, unita ai ridottissimi costi di produzione, e all'abbandono da parte iraniana dei vecchi contratti di produzione che già prima dell'imposizione delle sanzioni avevano fortemente disincentivato gli investimenti esteri, rende gli investimenti nel paese del Golfo tra i pochissimi ad avere economicamente senso con un prezzo del petrolio che sembra non volersi muovere dai circa 50 dollari al barile.

E infatti l'ammontare degli investimenti dichiarati è imponente: 185 miliardi di dollari attesi per firma da qui al 2020, divisi in 45 grandi progetti che dovrebbero portare la produzione di petrolio dai 2,9 Milioni barili al giorno attuali fino 5,7 milioni, ha dichiarato in agosto il ministro del Commercio Hossein Zamaninia. Si tratta di progetti di tutti i tipi (brownfied e greenfield) ed in tutti i segmenti Oil&Gas (Upstream, Lng, Pipelines, Downstream e Fertilizzanti), i cui dettagli, assieme a quelli dei nuovi contratti di produzione, dovrebbero essere svelati in una conferenza che si terrà a Londra in Dicembre.

I progetti sospesi dalle sanzioni

È evidente che, nell'urgenza Iraniana di aumentare il più possibile e al più presto la propria produzione al fine di incrementare le entrate, saranno i progetti sospesi a causa delle sanzioni i primi a essere riattivati: secondo le analisi basate su SupplHi Projects Database si tratta di 23 progetti per un totale "teorico" di circa 60 miliardi di dollari, ma pari solamente a circa 22 miliardi di dollari di "realizzo atteso" nel periodo 2015-2018.

A questo proposito sembrano essere molto promettenti le opere legate al giacimento di gas offshore "South Pars" (di cui l'Eni deteneva una quota prima delle sanzioni). Il completamento di un gasdotto sottomarino di collegamento con la terraferma, previsto per la fine di quest'anno, dovrebbe permettere non solo l'installazione di nuove piattaforme per l'estrazione, ma anche un rilevante sviluppo di opere collegate nell'area del porto meridionale di Assaluyeh. Si parla di un impianto petrolchimico (per il quale già in Marzo si sono avuti contatti tra gli iraniani e Maire Tecnimont) e di un impianto per la produzione di Lng (già da tempo previsto ma poi sospeso a causa dell'abbandono di Total) per il quale, si dice, Shell sia pronta a mettere il capitale.

La fine delle sanzioni dovrebbe anche dare nuovo impulso ai progetti legati all'esportazione di gas, la principale ricchezza naturale del paese. Gli studi preliminari per la costruzione di un gasdotto fino al Sultanato dell'Oman, attraverso il golfo Persico, sono iniziati nel settembre scorso e potrebbe presto seguire il ramo iraniano del colossale gasdotto sottomarino che dovrebbe collegare proprio l'Oman con l'India (opera stimata in 4,5 miliardi di dollari).

Inoltre, vi è una diffusa preoccupazione circa lo stato in cui versano gli impianti attualmente esistenti, reduci da anni di mancata manutenzione e ammodernamento quando non abbandono: sebbene questo costituisca un problema per il governo iraniano e le compagnie petrolifere, è altresì un'ulteriore occasione per contrattisti e componentisti e fornitori di servizi. Inoltre alcuni progetti inizialmente aggiudicati a contrattisti cinesi, come lo sviluppo di un blocco nel campo di Azadegan, attendono di essere riassegnati, dal momento che questi si sono visti revocare i contratti in seguito a numerose inadempienze.

Ipotesi di nuovi siti di estrazione

Lo sviluppo ex-novo di campi Upstream richiede invece diversi anni di pianificazione e sviluppo, sebbene i giacimenti del paese siano in gran parte già stati esplorati. I 185 miliardi di dollari dichiarati per firma da qui al 2020 avranno riflessi sulle forniture per gli anni successivi e dipenderanno largamente dalla capacità di mettere in pista e portare a termine questi nuovi progetti, attraendo partner (in primis le Oil Co. internazionali) e capitali dall'estero. Quest'ultimo rappresenta un elemento critico per la sostenibilità della rinascita del mercato petrolifero iraniano.

La filiera italiana è in prima fila per poter cogliere al meglio le opportunità date dai progetti Oil&Gas iraniani: monitorare continuamente l'evoluzione per essere pronti a cogliere le opportunità – collaborando in primis con i contrattisti italiani ed europei – è alla base del successo, anche facendo leva sulla tradizione di fornitura e sulle capacità di collaborare e crescere con la filiera locale che ha caratterizzato le esperienze italiane.

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