Con gli accordi sul nucleare fra Iran e Occidente vince il commercio
17 dic 2015
Carlo Fumagalli
Articolo pubblicato sul numero di novembre/dicembre di Industria Meccanica
Dopo i 130 morti di Parigi nella notte di terrore del 13 novembre, il presidente iraniano Hassan Rouhani ha annullato la sua visita in Europa, nella quale avrebbe incontrato a Roma il premier Matteo Renzi e Papa Bergoglio, e il presidente francese François Hollande a Parigi. Sarebbe stato il primo viaggio europeo di un presidente iraniano negli ultimi 15 anni: un importante segnale dopo il governo oltranzista di Mahmoud Ahmadinejad, simbolo di una ritrovata distensione fra Teheran e l'Occidente.
Insomma, la cronaca e la storia contemporanea ricordano che i cambiamenti epocali non sono mai lineari come possono sembrare. Ma gli incontri sono solo rimandati, e i rapporti politici e commerciali sono finalmente all'insegna della distensione. Dopo un lungo lavoro di preparazione, lo storico accordo sul nucleare raggiunto a luglio fra Usa e l'Iran può finalmente consentire il superamento delle sanzioni, introdotte per timore della capacità di sviluppare armi atomiche, e riaprire così il mercato iraniano. Ottima notizia per l'Italia, primo partner economico e commerciale di Teheran prima degli anni bui.
Il prossimo appuntamento è atteso per gennaio: l'implementation day. Da quel momento, una volta che l'Iran avrà dimostrato di adempiere alle priorità concordate relative al programma nucleare, l'Unione europea rimuoverà una serie di misure restrittive e allo stesso modo gli Stati Uniti sospenderanno l'applicazione di alcune sanzioni. Significherà un ritorno a rapporti commerciali convenzionali: l'Iran potrà ricominciare a commerciare il petrolio e altri beni e potrà usufruire, per finanziare infrastrutture e grandi opere, dei fondi (100 miliardi di dollari) che gli erano stati congelati.
Pensando al mercato oil&gas, insomma, le tensioni sull'energia nucleare in Iran possono essere lette in chiave prettamente industriale. Ma come si è arrivati alla chiusura fra Iran e Occidente? I piani di sviluppo dell'energia nucleare in Iran iniziano con l'ultimo Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, negli anni '50. Per c
ostruire il primo impianto si scelse la città di Bushehr, sulla costa persica. La sua realizzazione non fu semplice né immediata, se si pensa che è stato inaugurato nel 2010. Ma del resto in Iran tutto era mutato: prima la rivoluzione guidata dall'Ayatollah Khomeini, poi la guerra con l'Iraq. È solo da metà degli anni '90 che ricomincia a lavorare a Bushehr. Da lì in avanti il programma nucleare accelera, e ai suoi sviluppi si accompagnano tensioni internazionali sempre più forti, con il timore che parallelamente il programma preveda la costruzione di armi atomiche. Quando nel 2002 vengono svelati i piani di costruzione di un impianto per l'arricchimento di uranio a Natanz la situazione precipita. Alle prime sanzioni dei 5+1 (i cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu più la Germania) fanno eco le reazioni di Teheran, che installa nuove centrifughe a Natanz e inaugura nel 2009 a Isfanah un nuovo impianto di arricchimento di uranio. La tregua inizia a prendere forma nel 2013 con le prime prove d'accordo e, in seguito, con l'apertura di Hassan Rouhani a colloqui bilaterali con Washington.
Teheran torna a estrarre oro nero
«Aumenteremo la produzione di petrolio». Da mesi il Governo iraniano ha annunciato la volontà di tornare ai livelli pre-sanzioni, letteralmente dimezzati dal 2011 quando l'industria petrolifera persiana era tra i maggiori fornitori delle compagnie europee. Entro il 2019 si prevede che la capacità di produzione di petrolio e gas condensato supererà 5,7 milioni di barili al giorno.
Cifre importanti, che dopo un anno di greggio a 50 dollari al barile hanno fatto discutere. Dovremo aspettarci uno shock immediato nella produzione? «No. Inizieremo a parlarne fra due anni», ci dice al telefono Giulio Sapelli, docente di storia economica a Milano e ricercatore della fondazione Eni Enrico Mattei, «C'è molto lavoro da fare prima. Innanzitutto si dovrà riprendere una grande opera di rinnovamento degli impianti, in un Paese che è fra i più grandi produttori al mondo con riserve sia offshore che onshore». Insomma, se Teheran dovrà necessariamente aspettare mesi di lavoro per tornare a estrarre idrocarburi a pieno ritmo, si apre una grande opportunità per i fornitori di componentistica meccanica.
Per sfruttare i suoi punti di forza, inoltre, l'Iran dovrà attrarre investimenti stranieri. E a differenza della maggior parte dei Paesi ricchi di risorse naturali, può vantare un'economia diversificata, un buon surplus commerciale, e una popolazione urbana istruita. Ma per godere pienamente dei vantaggi economici dell'accordo sul nucleare dovrà probabilmente mettere mano a riforme strutturali. Come ha recentemente ricordato la rivista Foreign Affairs, attrarre capitali esteri può rivelarsi difficile: l'operazione di privatizzazione di imprese statali sostenute dall'Ayatollah Ali Khamenei dal 2004, per fare un esempio poco virtuoso, ha di fatto trasferito il controllo di beni di proprietà statale a soggetti direttamente o indirettamente connessi con lo Stato, ma con minore trasparenza e responsabilità.
Via le sanzioni: ma quanto hanno colpito la meccanica?
L'inasprimento delle sanzioni ha fatto crollare l'interscambio commerciale fra Italia e Iran. Secondo Sace dal 2011 al 2014 si è passati da 7,2 miliardi di euro a 1,6 miliardi. E a pagare il conto più salato è stata la meccanica strumentale (57% del totale). L'Ufficio studi di Anima ha monitorato un calo dell'export di prodotti della meccanica varia e affine di 292 milioni di euro (–9,1%) dal 2013 al 2014. Penalizzatissimo il settore delle apparecchiature e degli impianti termici, che ha perso il 54% del valore. Difficile calo anche per le turbine a vapore (–12,2%), e per la caldareria (–3,5%). Mentre – ma è presto per dirlo – l'effetto disgelo comincia a vedersi in un positivo +23% di export nel primo semestre 2015 rispetto al primo semestre 2014.
Secondo Sace la ripresa dell'export italiano potrebbe salire di quasi 3 miliardi di euro in tre anni. E forse l'ostacolo maggiore sarà la concorrenza di Cina, India e Russia, che, meno vincolate dell'Europa, hanno in questi anni hanno guadagnato posizioni sempre più importanti nel Paese.
Anche per questo il ministero degli Esteri italiano, e il ministero dello Sviluppo economico, insieme a Ice, Confindustria, Abi e Unioncamere hanno organizzato una missione imprenditoriale in Iran. Obiettivo: riprendere tanto lavoro fatto in passato.
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